lecce-como: una questione di scarpe

A parte che, in quanto partita di calcio, Lecce-Como, seconda gara del Campionato di Serie B,  è una questione di scarpe, per principio.

A parte questo. Vi ricordate quando da bambini i nostri genitori ci dovevano accompagnare a comprare un paio di scarpe? Da un giorno all’altro, quelle che avevamo erano diventate piccole e strette.

E quando, invece, da grandi, ora che non abbiamo più problemi di numero, ugualmente le scarpe non ci bastano mai? Alcune, le cambiamo senza praticamente averle mai neanche calzate, altre comunque troppo presto, magari solo per moda. Oppure, quando, di contro, capita che altre ancora, le logoriamo fino a farci male, eppure continuiamo a tenercele? E di cambiarle non vogliamo neppure sentirne parlare.

D’altro canto, è vero,

“le scarpe che stanno bene a una persona

– affermava lo psicoanalista Carl Gustav Jung

stanno strette a un’altra: non c’è una ricetta di vita che vada bene per tutti”.

Anche se molto spesso non lo consideriamo, le nostre scarpe raccontano di noi, della nostra crescita e del nostro percorso, delle nostre scelte, delle nostre emozioni e della nostra personalità.

Ecco, dunque, che ascoltando mister Baroni parlare nel post match degli ampi margini di crescita del Lecce “sotto tutti i punti di vista, sia nell’atteggiamento, ma principalmente nello sviluppo del gioco, dell’azione”,  ancor di più Lecce-Como non poteva essere altro che una “questione di … scarpe”.

Di scarpe della crescita, molto lenta a dir il vero, quelle dei giallorossi. Che certo, non sono neanche lontane parenti delle cosiddette “scarpe magiche”, o “super spikes” per gli anglosassoni, trionfalmente usate dal campione velocista azzurro Marcell Jacobs,  in quel di “Tokyo 2020”.

Ma anche di scarpe dell’emozione, molto dimezzata a dir il vero, quelle di noi cuori leccesi. Che finalmente raccontano degli spalti del Via del Mare, seppur con la capienza al cinquanta per cento, piuttosto che del tappeto del soggiorno.

L’avvio di partita è molto contratto da ambo le parti. Ci provano per primi i neopromossi comaschi. Conclusione al volo, ma il portierone salentino blocca sicuro. Rispondono i nostri. Schiacciata a terra, di testa, ma anche l’estremo difensore lariano, in tuffo, non si lascia sorprendere. Tra una scaramuccia e l’altra, tutte a salve, si giunge sul finire del primo tempo, al minuto trentasette. Palla in uscita persa male dal Como, gran tiro in porta del Lecce, deviazione del difensore e altrettanto grande parata del portiere lombardo. Non è finita, però. Richiamo del VAR. Controllo a video dell’arbitro. La deviazione del difensore è con il braccio. Con il braccio largo, quindi rigore. Calcio dal dischetto, di piattone col brivido e giallorossi in vantaggio.

L’illusione della prima vittoria in campionato svanisce in appena un paio di giri di lancette d’orologio. Complice una ciabattata difensiva, cross in area leccese, alto e piombo, dalla destra del fronte d’attacco degli ospiti. Arrampicata in cielo e colpo di testa vincente. Parità già ristabilita e tutti al riposo per l’intervallo.

Secondo tempo. Girandola di cambi e di scarpette, eppure nessun’altra occasione giallorossa degna di nota. Un paio, invece, anche lampanti per i lombardi. Alla fine il risultato comunque non cambia.

Lecce-Como termina, pure tra qualche fischio del pubblico, sul pareggio per uno a uno.

Un punto, un passetto in avanti dopo il rovinoso tonfo a Cremona, ma con una cadenza troppo compassata, vecchio stampo. Invece,

“voglio una nuova vita

canta il rapper Louis Vince

sì, come le mie scarpe, lacci nuovi e una pulita quasi a regola d’arte. Sì, qua se c’è da correre non mi metto da parte. Faccio un giro sullo spazio e poi mi siedo su Marte. Oh no no no. Cerco ancora risposte alle mie domande …”

Sì, nel calcio come nella vita, cercar risposte è la cosa più difficile. Non ne parliamo se si tratta di capire che tipo di scarpa sei. Se a punta oppure tonda, se col tacco oppure ballerina, se di ginnastica oppure stivaletto.

Quale che sia, sempre e comunque Forza Lecce, ma fai attenzione!

Che dall’essere uno scarpino al diventare uno scarpone, è sempre … di scarpe una “questione”!

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