L’avete mai sentito, quel tintinnio della campanella che ci avvisa che siamo a due soli giri dalla fine del nostro percorso?
Chissà quante volte, vero? Eh già, volenti o nolenti, quel momento “thrilling” arriva sempre prima o poi. Nelle orecchie, nelle gambe e, soprattutto, nel cuore.
Che si sia lì, impegnati a coronare l’entusiasmante sogno della vetta oppure ad evitare l’angoscioso baratro del precipizio. Che lo si voglia, oppure no. Che lo si abbia oppure o no, è sempre una eccezionale questione di coraggio. Di coraggio della paura, della verità e dell’onestà di accettare senza codardia quello che sarà l’esito finale, qualsiasi esso dovesse risultare.
“È questo in fondo l’unico coraggio che si richieda a noi
– affermava il poeta e scrittore boemo Rainer Maria Rilke –
essere coraggiosi verso quanto di più strano, prodigioso e inesplicabile ci possa accadere.”
Una prospettiva che ci coinvolge e allo stesso ci sconvolge. Esattamente così come ha coinvolto e sconvolto noi cuori leccesi in Vicenza-Lecce, testa-coda al cardiopalma, valevole per la trentasettesima giornata di Serie B, penultima del girone di ritorno. Con i padroni di casa terz’ultimi, bisognosi di una vittoria per continuare a sperare nella salvezza e i giallorossi, di contro, all’esatto opposto, primi in classifica con due lunghezze di vantaggio, determinati a fare punti per festeggiare la promozione diretta nella massima serie, una straordinaria questione di coraggio. Coraggio, per un verso o per l’altro, di gettare il cuore oltre l’ostacolo, come si suol dire.
Al “Romeo Menti”, invece, ciò che di fatto è gettato vilmente oltre l’ostacolo delle barriere a bordo campo è un grosso petardo, al sessantanovesimo della ripresa, con conseguente psicodramma a dir poco incredibile.
Per la cronaca, comunque, primo tempo praticamente non pervenuto, bloccato dall’importanza della posta in palio. Solo un timido tentativo del Lecce al minuto diciassette deviato dal portiere in calcio d’angolo.
Nella ripresa, al contrario, succede il finimondo. I giallorossi partono subito a spron battuto. Una decina di minuti ed è l’ennesimo palo del campionato a negare loro la gioia della rete. Poi, ancora, un tambureggiante susseguirsi di occasionissime targate Lecce, fino, appunto, al minuto sessantanove. Palla rubata alla difesa veneta in uscita, convergenza verso il centro e calcio forte di sinistro, poco fuori dell’area. Il pallone, leggermente deviato, si insacca imparabilmente sotto la traversa, come fosse telecomandato. Purtroppo, però, insieme alla gioia degli oltre milletrecento supporters salentini, a margine del settore ospiti, esplode anche una cosiddetta bomba carta. Il portiere biancorosso, seppur distante, si accascia plasticamente al suolo, come tramortito. Tanto da abbandonare il campo addirittura trasportato sulla barella. La gara, interrotta per oltre una decina di minuti, riprende in un clima surreale. Il Lecce, in vantaggio, sarebbe in serie A, ma si gioca come se la partita fosse già persa a tavolino. E, in effetti, perso per perso, la sconfitta arriva assurdamente sul campo, nei ben quattordici minuti di “extra time”. Al primo di recupero, contatto dubbio in area giallorossa. Consulto al VAR, penalty. Il sinistro dal dischetto, debole e centrale, è parato in due tempi dal portiere. Ma, secondo l’arbitro, si è mosso prima della battuta. Rigore da ripetere. Cambio rigorista e cambio anche di risvolto. Il destro, questa volta, si infila rasoterra all’angolino. Proprio allo scadere, infine lo spreco di una favorevolissima percussione leccese, tre contro due, si tramuta nella ripartenza della vita vicentina. La potente conclusione di sinistro dai venti metri piega le mani dell’estremo difensore giallorosso e si insacca alle sue spalle.
Vicenza-Lecce termina, così, sul punteggio di due a uno (per la compagine di casa. Una sconfitta romanzesca per i nostri, che brucia, è vero, ma solo il primo dei due match point a disposizione. Per questo, “ho chiesto a mister ed ai ragazzi – commenta il nostro presidente @SaverioSD – di non pensare più a questa partita, venerdì andremo a prenderci la serie A ed il primo posto che meritiamo più di tutti.”
D’altronde, giustamente, a pensarci bene, è sempre una questione di coraggio, ovvero di agio del cuore. Ecco perché, nel calcio come nella vita, ancor prima della “semplice” forza di lottare, occorre trovare quella ben più ampia e complessa di “scordare” tutto ciò che ci mette a disagio.
Quindi, Forza Lecce nostro,
“coraggio
– canta Cesare Cremonini –
1 Comment
by sangel
Se i nostri giocatori avranno lo stesso “coraggio” che ha avuto il portiere del Vicenza di mettere in scena quella patetica pantomima, la partita col Pordenone è già vinta!