REGGINA-LECCE: UNA QUESTIONE DI VERTIGINI

Pur senza scalare una montagna, pur facendo la massima attenzione a non affacciarci troppo dal bordo di un terrazzo, quell’angosciante sensazione di mancanza della “terra sotto i piedi”, di vuoto, di perdita dell’equilibrio, in qualche modo, ahinoi, certamente l’abbiam provata tutti. Talvolta, già solo

“il pensiero

– scriveva il giallista statunitense Dashiell Hammett

è una cosa che ti dà le vertigini.”

Effettivamente, forse, sarà bastato guardarci dentro per avvertire un vorticoso capogiro.

 

A noi cuori leccesi sicuramente è bastato guardare Reggina-Lecce,  gara del giorno di Pasquetta, valevole per la trentacinquesima giornata di Serie B, sedicesima del girone di ritorno. Una partita turbinosa per svariate ragioni, quantunque i calabresi, ormai, non avessero più alcun obiettivo da raggiungere.

Così come ai giallorossi, invece, sarà bastato guardare la classifica, come altre volte già successo quando erano da soli in testa. Per un verso o per l’altro, dunque, una questione di vertigini.

Fin dalle prime battute, all’ “Oreste Granillo”, il gioco è molto intenso, ma altrettanto frammentato e vuoto di occasioni. Per il Lecce, al ventunesimo, solo un tiro senza velleità da metà campo per provare, invano, a pescare il portiere fuori dai pali. Per la Reggina, alla mezz’ora, un’auto palo su calcio di punizione dalla destra e poi la giocata decisiva negli ultimissimi secondi di recupero del primo tempo.

Penetrazione laterale in area dalla sinistra e insidioso destro a giro rasoterra, sul palo più lontano. Il portiere giallorosso, in tuffo, respinge di mano, ma non può nulla sul seguente tocco in rete da due passi a porta vuota. Al riposo si va con i padroni di casa avanti col minimo vantaggio.

Secondo tempo con inizio molto promettente della squadra salentina. Subito, al secondo giro di lancette, la grande chance che avrebbe potuto capovolgere l’inerzia della partita. La potente staffilata, da posizione defilata sulla destra in area, fa tremare la traversa e torna in campo. La difesa di casa salva in calcio d’angolo.

Il tempo scorre, poi, senza altre emozioni particolari tra cambi e crampi fino all’ottantunesimo minuto, quello della seconda ghiotta occasione giallorossa. Dal fondo del fronte d’attacco destro, cross altissimo a spiovere sul secondo palo e ottima sponda di testa all’indietro. Il successivo destro al volo, però, nonostante l’ampia libertà d’esecuzione e la posizione molto favorevole, termina a lato sull’esterno della rete. Anche l’estremo, confuso, tentativo di assedio dei giallorossi nei sette minuti di recupero non sortisce comunque alcun effetto.   

 

Reggina-Lecce, quindi, finisce col ripidissimo risultato di uno a zero per gli amaranto. Proprio sul più bello, dopo il filotto di tre vittorie consecutive, una sconfitta pesante per i nostri, nel complesso poco lucidi e insicuri. Seppur solo la quarta stagionale, una battuta d’arresto che costa il primato in graduatoria – e, meno male, non anche il secondo posto – ma, soprattutto, evoca l’inquietante abisso finale dello scorso campionato.

“Ci servirà da lezione – commenta mister Baroni nel post match  – adesso mettiamo alle spalle questo risultato e pensiamo subito alla prossima gara.”

Veramente, per essere all’altezza, è il caso di dirlo, nel calcio come nella vita, l’importante è guardare sempre avanti, perché è sempre una questione di vertigini: il grande rischio è quello di “girarsi” e precipitare ruotando su sé stessi.

E allora, Forza Lecce nostro, che

“la vertigine non è paura di cadere

– canta Jovanotti –

ma voglia di volare … mi fido di te, mi fido di te, mi fido di te …”

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